Rocco e il suo pupillo Rivera
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C’era una volta… Nereo Rocco, il paròn dei record amico dei giocatori

Rocco e il suo pupillo Rivera
Rocco e il suo pupillo Rivera

Non sarebbe un’eresia definire Nereo Rocco il più grande allenatore italiano a non aver mai allenato la Nazionale maggiore italiana. Il suo palmarès è di primissima qualità, il suo lascito ha rivoluzionato il concetto di allenatore nel nostro paese, e non solo. Tutti coloro che hanno avuto a che fare con lui si sono sempre dichiarati folgorati dalla sua strabordante umanità. Rocco era il mister che faceva la doccia con i giocatori dopo gli allenamenti, che li prendeva in giro per stimolarli (rigorosamente in dialetto triestino) ma era capace di passare lunghe serate con loro a giocare a carte. Adorava la convivialità, i suoi uffici erano i migliori ristoranti delle città in cui lavorava.

Eppure la leggenda del paròn affonda le radici nei difficili anni delle guerre mondiali. Triestino doc, Rocco gioca per lunghi anni nella Triestina come mezz’ala, collezionando anche una presenza in Azzurro. La sua famiglia possiede una celebre macelleria, ma il suo destino è nel pallone. Prima di vedere la propria carriera compromessa dallo scoppio della Seconda guerra mondiale disputa anche alcune stagioni nel Napoli e nel Padova. Appesi gli scarpini al chiodo viene chiamato ben presto ad allenare la “sua” Triestina; a lui si deve l’arrivo in Italia del famoso catenaccio, già sperimentato da giocatore scendendo in campo come libero. I successi non tardano ad arrivare, con i biancoscudati che nel 1947-48 si insediano dietro al Torino (il grande Torino) nella classifica della Serie A.

Il paròn acclamatissimo a Padova
Il paròn acclamatissimo a Padova

Il paròn si consacra a Padova, dove mette su una squadra molto fisica ma apparentemente svantaggiata a livello tecnico. Eppure, sfruttando al massimo le potenzialità di Kurt Hamrin e di un gruppo di fedelissimi portati da Trieste (Blason, Moro e Azzini), da squadra di Serie B il Padova ottiene buoni piazzamenti nella massima serie. Sono questi gli anni in cui Rocco pronuncia una delle sue battute più celebri, prima di una sfida contro la Juventus:

– Rocco, che vinca il migliore!

– Ciò, speremo de no!

Nel 1961-62 Rocco ha l’occasione di accantonare il catenaccio, passando alla panchina del Milan. Vince subito il titolo, ma l’anno dopo iniziano i dissidi con la dirigenza (in particolar modo con Gipo Viani, con lui legato da un rapporto di amore-odio) e migra al Torino, dove il feeling non è il massimo. Nel 1967 ha l’occasione di tornare nei rossoneri e la musica cambia, trasformandosi in una sinfonia di trionfi epici: un altro campionato, due Coppe delle Coppe, due Coppe dei Campioni e la Coppa Intercontinentale (memorabile, in un clima di caccia all’uomo contro l’Estudiantes). Altafini, Maldini, Trapattoni e Rivera diventano dei veri e propri figli da guidare verso l’Olimpo del calcio internazionale. Giocatori come Cudicini ed Hamrin vivono una seconda giovinezza.

Herrera e Rocco, rivali ma con classe!
Herrera e Rocco, rivali ma con classe!

Le incomprensioni con la dirigenza portano al definitivo allontanamento di Rocco, che nel 1974 viene ingaggiato dall’ambiziosa Fiorentina. I risultati però non sono quelli sperati e l’ormai anziano paròn lascia la squadra poco prima il trionfo in Coppa Italia; la pazienza del mondo del pallone si assottiglia sempre di più. Lui torna al Milan nelle vesti di dirigente, ma si sente poco considerato in un ambiente oramai modernizzato, e che forse lo vede come un monumento di un’epoca oramai remota. Nereo Rocco muore il 20 febbraio del 1979, poco dopo una trasferta in Inghilterra, minato dalla cirrosi epatica. Vanta ancora il record di panchine nel Milan e di trofei conquistati (10) nelle vesti di mister e direttore tecnico. Enzo Bearzot (suo assistente al Torino) e Giovanni Trapattoni lo hanno sempre indicato come un indiscusso maestro.

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