Il 7 settembre il Genoa ha compiuto 122 anni di attività sportiva, un traguardo che la colloca tra le più antiche realtà del calcio italiano.
Come tutte le prime società del pallone presenti nel nostro paese, alla base ci fu l’attività promozionale degli inglesi presenti sul territorio. Impossibile non citare la figura di Sir James Richardson Spensley, medico inglese nato a Stoke Newington il 17 maggio de 1867 e sbarcato a Genova nel 1896.
All’epoca nella città ligure era presente un grosso contingente di inglesi, a seguito delle ferventi attività portuali che si svolgevano quotidianamente. Gli anglosassoni che vivevano in Italia cercavano di ricreare il proprio microcosmo nazionale, senza trascurare le attività sportive come il cricket ed il calcio. All’epoca nella nostra penisola il pallone era visto ancora come un oggetto misterioso, ma ben presto la curiosità superò la diffidenza. Fu proprio Spensley a proporre che nel neonato “Genoa Cricket and Foot Ball Club” potessero essere accolti anche soci italiani.
Questo medico inglese era un cosmopolita dalle larghe vedute, che peraltro nel suo periodo in Liguria si distinse anche per numerose attività in favore dei genovesi meno fortunati. Tuttavia, focalizzandoci sulla sua carriera sportiva, partiamo dal primo vero e proprio campo della società rossoblu, sito in Ponte Carrega. Fu lì che il Genoa si trasferì per disputare le prime epiche partite, che videro Spensley giocare come difensore centrale o portiere. Quei primi “esperimenti di calcio italiano” permisero alla squadra di acquisire una padronanza della disciplina tale da portarla a vincere il primo campionato nazionale del nostro paese. Esso venne disputato in un’unica giornata al Velodromo Umberto I di Torino, l’8 maggio del 1898.
Si impose proprio il Genoa, al termine di un quadrangolare che vide anche la partecipazione di tre club torinesi. Si trattò di un evento più ricreativo che ufficiale, e si concluse con ricche mangiate e bevute dei partecipanti. La finale terminò con un 2-1 ai danni dell’Internazionale Torino: il primo gol dei genovesi lo segnò proprio Spensley, che poi concluse la partita in porta per sostituire l’infortunato William Baird. La seconda rete venne realizzata dal londinese Norman Leaver, ed in campo per i rossoblu erano presenti anche gli italiani De Galleani, Ghigliotti, Ghiglione, Bertollo e Bocciardo, oltre che l’italo-svizzero Pasteur che era addirittura imparentato con il celebre batteriologo.
Come detto, Spensley a volte giocò da “numero uno” pur essendo in realtà un difensore, e nei successivi tornei il suo nome figura nella linea arretrata del Genoa. Difficile tracciare il profilo del suo stile di gioco, ma secondo le cronache dell’epoca aveva l’abitudine di cospargersi le mani con la pece greca prima delle partite. Inoltre era anche il giocatore più esperto della squadra, tanto che ne curava gli allenamenti. Veniva descritto come apparentemente poco atletico, ma in realtà dotato di buoni riflessi e notevole colpo d’occhio, nonché di un’eccellente presa. Inoltre viene citato come il primo giocatore ad aver insegnato ai portieri nostrani come… effettuare le respinte!
Non ci sono accenni sulle doti di difensore, ma possiamo immaginarlo come un pilastro difficile da smuovere, alla stregua di un Claudio Gentile ante litteram. Nelle foto appare come un uomo maturo, barbuto, dallo sguardo serio ma bonario.
Giocò fino a 40 anni, vincendo sei campionati. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo (1904) per un periodo si dilettò come arbitro di calcio e di pugilato, sua altra grande passione. Fu lui a dirigere la prima finale di un campionato giovanile italiano, vinta dall’onnipresente Genoa contro la Juventus (4-0).
Oltre allo sport, Spensley fu anche promotore dei primi gruppi di scout in Italia e lavorò come corrispondente per il Daily Mail. La sua morte costituì per circa novant’anni un mistero, che si legò ai tristi episodi della Prima guerra mondiale, dove Sir James venne chiamato a servire l’esercito di Sua Maestà. Il Secolo XIX all’epoca riportò la notizia della sua caduta sui Dardanelli, al confine turco con l’Asia. In realtà, nel 1993 venne rinvenuta la sua tomba in un cimitero britannico sito in Germania, permettendo di ricostruire i suoi ultimi eventi. Nel 1915 Spensley venne colpito mentre esercitava la propria professione di medico, pare per curare un nemico, e spirò nella fortezza di Magonza a causa delle ferite.
Mito e leggenda si uniscono per tracciare il profilo di una figura epica del nostro calcio, senza la quale il processo di diffusione del pallone nel nostro paese sarebbe stato più difficile e meno affascinante.
Gabriele Ludovici