Buona la prima per la Juventus di Allegri, che a Shangai si aggiudica la Supercoppa italiana grazie alle reti di Mandzukic e Dybala, decisivi alla loro prima in bianconero così come lo fu Tevez, a segno proprio due anni fa e sempre contro la Lazio nella medesima competizione. I biancocelesti, attenti per più di un’ora ma troppo compassati e rinunciatari, crollano nella ripresa e non riescono quasi mai ad impensierire Buffon.
LA CRONACA – La Juventus si schiera con il solido e più che collaudato 3-5-2, perdendo in imprevedibilità ma assicurandosi maggiore copertura e densità a centrocampo. Davanti a Buffon giocano Barzagli, Bonucci e Caceres; Lichtsteiner ed Evra sugli esterni, Sturaro Marchisio e Pogba in mezzo a campo e Coman, un po’ a sorpresa, a supporto di Mandzukic.
Pioli punta sul classico 4-3-3. Tra i pali confermatissimo Marchetti, difesa identica a quella di qualche mese fa, con Basta, De Vrij, Gentiletti e Radu; Onazi, Biglia e Cataldi a centrocampo e Felipe Anderson e Candreva a ispirare l’eterno Klose.
Partita fin da subito lenta e confusionaria, giocata su un campo pessimo e caratterizzata da un forte vento. Difese attente, che spesso si rifugiano dal portiere o rilanciano senza troppi fronzoli; centrocampo affollato, pieno di duelli individuali, spesso aerei, e con poco ordine; in avanti i bianconeri cercano più di una volta la giocata verticale per Mandzukic, che lotta bene in mezzo ai centrali laziali, mentre Felipe Anderson e Candreva godono di una relativa libertà iniziale sulle corsie, ma non riescono mai ad essere incisivi e trovandosi, a ridosso dei 16 metri, spesso in inferiorità visto l’atteggiamento timoroso di Basta e Radu, che non spingono a sufficienza, e del buon ripiego di Sturaro e compagni.
In questo scenario le emozioni stentano ad esserci e si contano veramente sulle dita di una mano: qualche bella giocata sull’asse Pogba-Evra da un lato e un Klose in versione rifinitore dall’altro non sono sufficienti ad impensierire Marchetti e Buffon, abili a catturare quei pochi palloni che transitano, senza grande pericolo, in area di rigore.
Nella ripresa, invece, si parte subito forte: Pogba decide di far vedere a tutti che può avere la 10 sulle spalle, salta due uomini e serve Mandzukic, che si libera con un gran movimento dell’ultimo difensore ma conclude debolmente a tu per tu con Marchetti; nel prosieguo dell’azione Pogba sceglie di provare la specialità della casa, il tiro da fuori, ma il pallone calciato al volo finisce di pochissimo distante dall’incrocio dei pali. È solo il preludio al goal, che arriva venti minuti dopo, con la più classica delle azioni: cross dal fondo di Sturaro per il croato che insacca prepotentemente di testa dal dischetto del rigore, rifacendosi per l’errore di poco prima.
È il momento chiave dell’incontro: se sarebbe lecito aspettarsi una risposta della Lazio, ecco che arriva invece il raddoppio della Juve: Mandzukic dal fondo aggira Gentiletti e mette in mezzo un pallone che Pogba aggancia dall’altro lato e serve a Dybala, (entrato al posto di uno spento Coman) il quale scaglia un sinistro imprendibile sotto la traversa.
A questo punto Allegri toglie Manduzukic per Llorente; lo spagnolo si limita a coprire qualche linea di passaggio e a dare fastidio alla già farraginosa manovra biancoceleste, capace solo di produrre un destro alto di Candreva. Kishna e Morrison, subentrati a Cataldi e Anderson, fanno intravedere che col pallone ci sanno fare, ma il tempo a disposizione è poco, mentre Djordjevic, in campo per una mezz’ora al posto di Klose, non ha possibilità per vendicare il palo della finale di Coppa Italia. Entra anche Pereyra per Sturaro nelle fila juventine per i 4 minuti di recupero, che però sono una mera formalità.
L’ANALISI – Un match equilibrato e bloccato nel primo tempo, con la Juventus che attende di sferrare il colpo senza troppa fretta e la Lazio che è attenta dietro ma troppo rinunciataria davanti.
Bianconeri compatti e astuti nella gestione della gara e, soprattutto, delle energie, vista la preparazione iniziata da poco più di due settimane. Bene, a parte qualche errore di posizionamento e di scalatura iniziale, la difesa, che gestisce senza troppi affanni le incursioni laterali degli uomini di Pioli; a centrocampo, da sottolineare, oltre alla gestione del pallone di Marchisio in una giornata non semplice, il temperamento di Sturaro e l’inventiva, abbinata ad uno strapotere fisico, di Pogba, dal quale partono tutte le iniziative più pericolose. In attacco buona prova di Mandzukic, il migliore dopo il francese, che sbaglia sì un goal clamoroso, ma lotta come un leone e dà ampiezza al reparto; da rivedere invece Coman, apparso in un ritardo di condizione che gli influenza negativamente anche le giocate più facili. Dybala segna appena entrato in campo, ma anche lui commette qualche errore concettuale che fa infuriare Allegri nel finale: il ragazzo c’è e si farà, deve solo imparare a giocare in un contesto più organizzato e diverso da quello di Palermo, in cui era la stella.
Per quanto riguarda la Lazio, il problema è stato soprattutto di atteggiamento: troppo attendista e a tratti impaurita la squadra di capitan Biglia, il quale mai è riuscito a trovare la giusta posizione e i giusti tempi di gioco in un campo, è corretto dirlo, che non si addiceva di certo alla sua tecnica. Onazi bene a tratti su Pogba, ma le sue difficoltà nello stretto, e oggi bisognava giocare in spazi angusti, si sono fatte sentire; Cataldi si è sacrificato al disturbo di Marchisio, alzandosi a volte quasi in una posizione di finto trequartista che l’ha tagliato fuori dai giochi. Il centrocampo si è fatto desiderare anche in fase di appoggio e di sostegno, con Candreva e Anderson che spesso non sapevano su chi scaricare il pallone; i due uomini di punta del team laziale hanno provato ad accendere la luce in una giornata storta, ma contro l’organizzazione difensiva juventina sono incappati in un vicolo cieco. Poco assistito Klose che, molto volentieri solo ed isolato, ha provato lui stesso ad innescare i due compagni di reparto con qualche imbucata niente male, ma a nulla è servito.
Trionfa dunque, al termine di una partita a bassi ritmi e con poche occasioni, la squadra più cinica e più forte, che meglio ha saputo concretizzare le occasioni e amministrare con ordine il risultato.
Per la Lazio il rimpianto di una finale persa, ma non c’è tempo per piangersi addosso: fra pochi giorni arriva il Bayer per il secondo grande appuntamento della stagione, questa volta da non fallire.
Allegri può invece festeggiare il suo terzo titolo bianconero (che coincide con il terzo nell’anno solare della Juve, non accadeva dal 1997) e, chissà, aspettare un regalo sul mercato da Marotta.